A proposito di musica sacra, canto e cori parrocchiali
La musica sacra e il canto durante la Liturgia contribuiscono a renderla più partecipata e gioiosa, a condizione che le scelte musicali e i testi che si cantano ne sottolineino l’azione e richiamino i significati, oltre ad aiutare la preghiera dei fedeli, senza mai ridursi a un riempitivo o una esibizione di pochi.
L’azione liturgica riveste una forma più nobile e solenne quando è celebrata con il canto. Cantare è per l’uomo una maniera altissima di donarsi per essere più vicino a Dio e ai fratelli. Nella liturgia, la musica sacra e il canto sono “un elemento necessario ed integrante”, quasi indispensabile. Quando si fa riferimento alla musica sacra, al canto e al ruolo del coro (parrocchiale o interparrocchiale) nelle celebrazioni della comunità bisogna evitare due atteggiamenti contrapposti ed ambedue lontani dallo spirito liturgico, sottostante la riforma voluta dal Concilio Vaticano II circa la musica e il canto liturgico. Da una parte troviamo, infatti, una esaltazione del canto dell’assemblea considerata come unico soggetto atto a cantare. Ne consegue una riduzione dell’intervento della corale o addirittura la sua scomparsa. Evidentemente il cammino da seguire è piuttosto la pazienza di educare il coro all’esatta comprensione del suo ruolo nel contesto liturgico. Dall’altra parte, nonostante la chiarezza dei documenti del Magistero, troviamo ancora in alcuni casi una presenza omnicomprensiva del coro, che avoca a sé ogni parte cantata della Messa, privando l’assemblea di poter esprimere nel canto la preghiera, soprattutto nelle cosiddette “parti proprie” (*vedi note pratiche).
Il ruolo del Coro parrocchiale e la sua funzione nella liturgia.
a) Il coro è “parte dell’assemblea liturgica”: la corale non è al di fuori dell’assemblea; anche chi suona uno strumento non è un “corpo estraneo” chiamato a fare un’esecuzione, ma è parte integrante dell’assemblea e questo deve essere vero e visibile anche nella collocazione fisica, occupando uno spazio importante nel luogo sacro.
b) Il coro svolge un ministero, un servizio: per questo antepone l’assemblea ai suoi gusti e cerca il suo bene mettendosi a suo servizio. Questo servizio si esplica “sostenendo il canto dell’assemblea anche in dialogo ed alternanza con essa”. Pertanto è necessario che ogni comunità si impegni per la formazione del coro, del direttore, dell’organista e di altri strumentisti e dell’animatore del canto nell’assemblea: occorre una approfondita conoscenza della natura e dello spirito liturgico, una necessaria cultura biblica, che permetta di esprimere un vero legame tra spiritualità della vita cristiana e spiritualità liturgica.
c) I coristi prima di tutto sono cristiani: prima di essere cantori o strumentisti, i cantori sono dei cristiani convocati dal Signore per ascoltare la sua Parola, per rispondere e pregare insieme con gli altri. Quando si conclude un canto, per il coro non è un intervallo ricreativo dove fare altro (sfogliando il libretto o la cartella dei canti o parlando con l’amico o l’amica). I cantori partecipano in tutto all’Eucaristia o altre funzioni liturgiche, come tutti.
d) Il coro favorisce e sostiene l’assemblea: il compito del coro è quello di favorire la preghiera dell’assemblea attraverso il canto, e lo può fare sostenendola; alternandosi (ritornelli cantati dall’assemblea e strofe dal coro); proporre all’ascolto e alla meditazione dell’assemblea alcuni canti, in particolare i canti di ringraziamento (sempre adatti al momento liturgico e alla celebrazione che si sta svolgendo).
Il significato del canto: Perché si canta nella Liturgia?
La liturgia ricorre al canto e alla musica per tre delle sue funzioni essenziali:
a) significare il rendimento di grazie: l’Eucarestia, come anche la celebrazione degli altri sacramenti e la Liturgia delle Ore, sono azione di grazie e sacrificio spirituale della Chiesa. Essi vanno celebrati nella gioia e nella festa, delle quali la musica è una forte espressione. Il ricordo delle meraviglie della salvezza è attualizzato negli inni di lode dei convitati. Il canto diviene anche simbolo del sacrificio spirituale: colui che loda esce da sé stesso e si proietta con la sua voce verso Colui al quale rende grazie.
b) annunziare il Vangelo: il canto e la musica danno forza alla Parola, nelle letture bibliche, nei salmi, negli Inni, nei prefazi, nelle litanie di lode, per proclamare apertamente, con libertà e con gioia le meraviglie di Dio e la buona notizia della salvezza in Gesù Cristo. Essi amplificano l’effetto della Parola rivelata e ne favoriscono la memorizzazione, l’assimilazione e la meditazione.
c) sostenere la professione di fede della Chiesa: alla Parola annunciata i credenti riuniti rispondono con la professione di fede, con suppliche e preghiere di lode, con acclamazioni, ritornelli, antifone, inni. Allora “Dio abita la lode di Israele” (Sal. 21,4) e Cristo è “presente quando la Chiesa prega e canta i salmi” (SC 7). Il canto dunque permette all’assemblea di esprimere e rendere visibile il proprio credo che è quello della Chiesa.
Pertanto la celebrazione liturgica, da un lato, assume i diversi significati umani del canto, dall’altro li prolunga, li completa e ne realizza il senso più profondo di parola totale ed efficace, di comunione e di festa.
In ultimo, oltre al Vescovo primo responsabile della liturgia in ogni diocesi, dopo di lui, le scelte dei canti e la preparazione alla liturgia venga fatta in pieno dialogo con il parroco o con il sacerdote o ministro che presiede la celebrazione, in quello che dipende da lui.
Note pratiche:
Nella scelta dei canti è molto importante la scelta dei testi. Essi devono esprimere il messaggio di fede e devono fare riferimento ed essere di aggancio al mistero celebrato e all’azione liturgica svolta. Questo richiamo serve a dare maggiore spessore al contenuto e al messaggio liturgico, per non creare giustapposizioni, contrasti o divergenze tra esso e ciò che si canta. Secondo la tradizione liturgico-musicale della Chiesa si invita a dare la precedenza ai testi tratti dalla Sacra Scrittura. In luogo di alcuni canti indicati dai libri liturgici (antifone d’ingresso, di comunione, inni) “si possono usare canti adatti all’azione, al momento e al carattere del giorno e del tempo purché siano approvati dalla Conferenza Episcopale nazionale o regionale o dall’Ordinario del luogo” (cfr IGMR 25 e 26). Non si inseriscano al posto dei canti rituali (ad es. Gloria, Santo e Padre Nostro) testi parafrasati, ma ci si attenga esclusivamente ai testi liturgici ufficiali.
L’Istruzione Generale del Messale Romano è estremamente precisa nell’elencare le parti che possono essere eseguite dal coro e che rientrano nella funzione pedagogica del coro stesso. Tali interventi sono:
– il canto d’ingresso (cfr. IGMR n° 26).
– il Gloria (cfr. IGMR n° 31),
– il Salmo tra le letture (affidato al salmista, cfr. IGMR n° 36),
– il canto di offertorio (cfr. IGMR n° 50),
– il canto di comunione (cfr. IGMR n° 56).
Non si parla di canto finale ovviamente, non essendo previsto dal messale. Questi e solo questi sono gli interventi affidabili esclusivamente al coro. Nelle altre parti il coro può interagire con l’assemblea, può alternarsi ad essa, può sostenerla, ma non può e non deve mai sostituirsi ad essa in modo particolare in quelle che l’IGMR chiama “parti proprie” dell’assemblea, cioè:
– le risposte ai dialoghi con il celebrante;
– le acclamazioni al Vangelo; – le risposte alla preghiera universale;
– il Santo; – le acclamazioni di anamnesi (mistero della fede);
– l’Amen al termine della preghiera eucaristica; – il Padre nostro.
Tale elencazione deve essere attentamente considerata e presa sul serio: deve cioè divenire patrimonio comune dei nostri cori e delle nostre assemblee. Chiediamo espressamente che siano da escludere le celebrazioni nelle quali tutte le parti sono cantate esclusivamente dal coro.
A conclusione di questa rapida riflessione sul canto nella liturgia, è bene ricordare che l’efficacia pastorale del canto nella liturgia non sta nel “cantare tanto per cantare” o nel “cantare per far fare qualcosa alla gente”, oppure nel “cantare per riempire imbarazzanti spazi di silenzio”, o nel “cantare per tenere insieme un gruppo di persone alla quali piace cantare”. L’efficacia pastorale del canto sta nell’essere esso stesso liturgia, sta nel far convergere il canto all’azione liturgica e alle sue dinamiche, ai suoi contenuti, alle sue strutture linguistiche, alla sua spiritualità. Il canto, cioè, sarà pastoralmente efficace quando sarà un tutt’uno con ciò che si celebra: sempre e solo Cristo Signore.
Ufficio Liturgico Diocesano – Diocesi di Ales-Terralba