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La Chiesa di Santa Barbara ritorna al suo splendore

Gonnosfanadiga. Comunità festante per la riapertura

La comunità gonnese aspettava il giorno della riapertura della Chiesa Santa Barbara, attendeva dal 2012. Finalmente, sabato 25 giugno, il Vescovo padre Roberto riconsegna ufficialmente ai fedeli l’antico luogo di culto: l’ha fatto in occasione della dedicazione della Chiesa e dell’Altare in un rito al quale si assiste raramente. Un rito un po’ complesso, carico di significati e articolato in diversi tempi liturgici. La corale intona il canto: “Chiesa di Dio, popolo in festa, Alleluia, Alleluia!”, mentre il Vescovo fa l’ingresso solenne preceduto dai ministranti, dalle confraternite e dai sacerdoti concelebranti: i parroci di Gonnos don Raimondo Virdis, don Giorgio Lisci e don Giampaolo Spada, i collaboratori parrocchiali don Salvatore Pinna, don Antonio Saiu, e da don Elvio Tuveri in qualità di cerimoniere.
I saluti del Parroco e del Sindaco precedono la celebrazione. Don Raimondo con brevi parole riassume la storia dell’antica chiesa, partendo dal XIV secolo, quando Mariano IV, padre di Eleonora d’Arborea, volle costruire questa chiesa su una preesistente dedicata a sant’Antonio Abate. Nel 2012, l’edificio di culto fu dichiarato inagibile a causa di alcun i conci che, degradati dal tempo, pregiudicavano la staticità degli archi sostenenti la volta. Il difficile reperimento dei fondi per l’esecuzione dei lavori, fondi comunque arrivati dall’Amministrazione comunale, dalla CEI e dal contributo volontario dei fedeli. Il sindaco Fausto Orrù, ha rimarcato l’impegno dell’Amministrazione per la salvaguardia del monumento di maggior rilievo di Gonnosfanadiga, sia dal punto di vista architettonico che storico. L’arch. Maria Francesca Porcella specifica le diverse fasi del restauro e, in particolare, illustra in modo minuzioso la realizzazione dell’altare e dell’ambone, reso possibile dal recupero di lastre marmoree lavorate a intarsio, recuperate dalla rimozione degli altari delle cappelle laterali avvenuta negli anni 1954 – 1956. Al termine dei diversi interventi ha inizio la liturgia con la benedizione dell’acqua e l’aspersione del popolo e delle pareti, mentre la corale intona il canto; Ecco l’acqua che sgorga dal santuario di Dio: alleluia, alleluia! Acqua di salvezza e vita. I lettori proclamano la parola di Dio. Con l’emozione che suscita il momento storico che la comunità sta vivendo. L’ascolto attento del Vangelo poi, padre Roberto sviluppa la sua l’omelia (testo a fianco).
Ma il punto centrale è l’Altare: è qui che si perpetua il memoriale del sacrificio di Cristo, per questo l’Altare è unto col crisma al centro e ai quattro lati, l’unzione rende l’altare simbolo di Cristo, che, prima di ogni altro, è ed è chiamato “L’Unto”, poiché il Padre lo unse con lo Spirito Santo e lo rese il Sommo Sacerdote, in modo che potesse offrire sull’altare del suo corpo il sacrificio della sua vita per la salvezza di tutti.
Il cantore intona le litanie dei Santi, al termine fra Giorgio reca le reliquie di S. Ignazio da Laconi e del B. Nicola da Gesturi, le consegna al Vescovo che le depone all’interno dell’Altare unitamente al documento già firmato in sagrestia.
Padre Roberto, deposta la casula e cinto un grembiule, prende dalle mani di don Raimondo il vasetto del crisma, ne versa parte del contenuto al centro e poi ai quattro angoli, con la mano poi ne unge il piano. Il vasetto del crisma passa nelle mani di don Raimondo e don Giorgio per l’unzione delle pareti. Sull’Altare è posto un braciere, il Vescovo pone l’incenso che bruciando, vuole significare che il sacrificio di Cristo, lì perpetuato nel mistero, ascende a Dio come dolce profumo.
Pone quindi l’incenso nel turibolo e incensa l’altare, a sua volta il Parroco, attraversando la navata della chiesa, incensa il popolo e le pareti. L’incensazione della navata della chiesa indica che la dedicazione la rende una casa di preghiera, ma il popolo di Dio è incensato per primo, poiché esso costituisce il tempio vivente. I ministranti astergono la mensa dell’Altare, la ricoprono con la tovaglia, la adornano di fiori, dispongono le candele. Padre Roberto porge una candela accesa al parroco che, accende le candele per la celebrazione dell’Eucaristia. La chiesa s’illumina a festa, si accendono tutte le candele a ricordare che Cristo è luce per illuminare le genti, il suo chiarore risplende nella Chiesa.
Prosegue la celebrazione Eucaristica, si offre il pane e il vino per la consacrazione, la corale intona i canti di comunione. La celebrazione volge al termine, il Magnificat precede i riti di conclusione.
Don Raimondo prende la parola, nella voce un filo di commozione dovuta forse all’essere non tanto parroco di Santa Barbara, quanto parrocchiano di quest’antica Chiesa che sembrava essere destinata all’oblio. I ringraziamenti al Vescovo padre Roberto per il dono dato, un ringraziamento a padre Giovanni Atzori Ministro Provinciale dei frati minori cappuccini di Sardegna e Corsica per il dono delle reliquie, rappresentato da fra Giorgio Littera e fra Giorgio Tomasi, un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato a qualunque titolo, con offerte o con il loro lavoro al raggiungimento dell’obiettivo che don Raimondo si era prefissato il giorno del suo ingresso come parroco nell’ottobre del 2013, quando si augurava una Chiesa comunità aperta con le altre parrocchie, una comunità accogliente che apra il cuore a qualunque persona. Poi con una battuta parlò dello stato della chiesa edificio di pietra, precluso ai fedeli e del suo destino di sacerdote votato alla costruzione e ristrutturazione di edifici di pietra, poi coro canta l’inno alla Patrona: “Benedetto nei cuori risorge il tuo nome celeste Patrona, come simbolo e forte ci sprona al glorioso cristiano ideale”.
Antonello Piras 
[Nuovo Cammino N.14 (457) Anno 21 (68)]

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